Il terzo cinema non è il cinema del "terzo mondo" (semmai dei "tre mondi": Africa, America latina e Asia, nei loro rapporti inestricabili con l'Occidente che in quattro secoli li ha sottosviluppati).

Il terzo cinema non è solo il cinema del "politicamente corretto", anche se ovunque (tranne in Italia, dove la rimozione del passato di sfruttamento coloniale e razzista persiste, abietta) il rispetto e la conoscenza della storia e delle culture extraoccidentale migliorano. Anche grazie all'arte di cineasti e collettivi che da mezzo secolo combattono per raccontare cose vere su tutte le minoranze e non le verità di stato e delle maggioranze armate.

Non solo Rocha e Solanas, Ghatak e Adachi, Diop Mambety e Gerima, ma anche Thomas Harlan, il collettivo Dziga Vertov, Kramer e Grifi.

Il terzo cinema - né Hollywood né cinema d'autore all'europea - è immaginare un altro cinema possibile, non spettacolarmente alienante ma piacevole e sorprendente nel rompere, saggistico e libertario, la dittatura del lungometraggio di finzione e nel rovesciare le gerarchie “capitalistiche” del set: produttore/regista/creativi/tecnici/operai.

Era un'utopia allora. Eppure Edo Morales e Lula erano già nelle immagini di Sanjines e Rocha. Chi avrebbe mai immaginato che Kathleen Collins sarebbe stata accolta a suon di fanfara tra i tesori culturali d'America?

1. Storia del terzo cinema negli anni 60 e 70, decolonizzazione, festival dei tre mondi, il cinema africano
2. I collettivi della diaspora inglese negli anni 80 e 90 (Isaac Julien e John Akomfrah) e Thomas Sankara e il Fespaco
3. Il movimento antagonista negli Stati Uniti da Robert Kramer a Michael Moore, pessandoi per l'uso dell nuove tecnogie (satellite, internet)   
4. L'Italia e il suo rimosso coloniale. La nascita del cinema italieno (Theo Eshetu)